Stefano Chiarlo è il nuovo presidente della Produttori Nizza, l'associazione di vignaioli del Sud Astigiano che ventanni fa ha cambiato l'immagine della Barbera. Da vino quotidiano, del contadino, a grande rosso che non cita in etichetta il nome vitigno, la Barbera, e punto sul territorio: Nizza Monfer¬rato e i 17 comuni che la circondano.
Dal 2014 è una Docg. Il Nizza si può produrre solo da uve di vigneti vocati, utilizzando solo uve Barbera ed af-finandolo minimo 18 mesi; 6 devono essere in botti di legno. Stefano è figlio d'arte, il padre Michele è uno dei «patriarchi» dell'enologia di qualità piemontese ed è stato tra i fautori di questa denominazione. «La nostra forza è il gruppo. Siamo 67 produttori che non sono in competizione tra loro. Abbiamo cambiato il paradigma: basta com-petizione tra vicini di casa e di vigneto. Se cresce una terra crescono tutti coloro che la abitano». E non è un caso che anche molti barolisti stanno investendo nei vigneti del Nizza.
Ci dà qualche numero del Nizza Docg? «Lo scorso anno abbiamo prodotto circa 650 mila bottiglie. Quest'anno siamo cresciuti del 34% e il traguardo del milione di pezzi non è così lontano. Una cosa vorrei sottolineare: il prezzo medio a scaffale di un Nizza Docg è 22 euro la bottiglia. Parliamo di qualità venduta al giusto prezzo, l'unica via per valorizzare vino e terra rispettando i vignaioli».
Siete il Barolo della Rossa del Piemonte? «Se dovessi ispirarmi ad una denominazione che già esiste direi più Barbaresco. Possiamo arrivare a 4 milioni di bottiglie, abbiamo un territorio contenuto, ma diffuso». Come vede il futuro del vino nel post pandemia? «Io sono ottimista. Lo sono basandomi sui dati che ho. Partiamo dagli Stati Uniti: lì il consumo di vino è cresciuto, ma ancor di più la spesa per una bottiglia di vino. Si è regi-strato un + 30% a scontrino. Stessa cosa per l'Asia. Saranno gli anni dei vini di qualità. Noi piemontesi e noi produttori del Nizza abbiamo una grande possibilità».